«Un uomo aveva due figli…», così inizia una parabola del Vangelo di Luca al capitolo 15. «Il più giovane chiese la sua parte di eredità…»; ma questa, di solito, si riceve alla morte del padre. Quest’uomo è pronto a fare quello che gli chiede il figlio. Poi, questo giovane, che di solito chiamiamo figliol prodigo, va in un paese lontano. Forse questa massima distanza può significare: massima libertà, essere fuori dell’influenza dei genitori, iniziare quella scuola della vita che si chiama esperienza, cioè toccare con mano le situazioni, magari riflettendoci sopra. Questo ragazzo sembra che non si confronti con altri, sembra abbastanza solo, si accontenta di spendere tutto con le prostitute e, poi, resta ancor più solo e senza soldi. Ciò lo obbliga a lavorare per mangiare; è in questa situazione che si ferma a riflettere. Pensa che i lavoratori di suo padre erano messi meglio di lui: avevano, almeno, qualcosa da mangiare. Da qui inizia un percorso di riavvicinamento che, secondo me, è il cammino di libertà e di diventare adulti. Dopo tante esperienze, il riavvicinarsi a casa lo porta a una nuova consapevolezza di sé e di suo padre. Vediamo come, in questo brano, non ci sono relazioni, ma la ri-accoglienza del padre esprime un dono gratuito e senza condizioni che, ora, questo figlio comprende. Ha capito che, pur essendosi allontanato, non ha perso il suo essere figlio; potremmo dire che, in questo distanziamento e riavvicinamento, ha trovato la giusta misura di sé stesso e dell’altro. Potremmo vedere tre passaggi: essere figlio è una cosa scontata (sono nato e mi sono trovato tale); la fase della rinuncia (prendendo le distanze); e, infine, la fase della ricerca, che porta a una relazione rinnovata, consapevole della gratuità di questo padre, ma anche di una libertà profonda.

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