Nel Vangelo dell’Evangelista Luca queste sono le prime parole rivolte a Maria, una giovanissima donna che abita in una città praticamente sconosciuta della Galilea: Nazaret.
Queste stupende parole, che cambieranno per sempre la storia dell’umanità, le vengono rivolte da Gabriele, un angelo mandato da Dio, e sono le stesse con le quali noi iniziamo la preghiera dell’Ave, o Maria.
Noi, iniziando a recitare questa stupenda preghiera, facciamo nostre le parole con cui Dio, attraverso il suo Arcangelo, saluta Maria.
Anche se noi iniziamo la preghiera con la parola «Ave», nel testo originale del terzo Vangelo Dio non rivolge a Maria un semplice saluto, bensì porta un invito: «Rallegrati», «Sii felice».
Qui il Signore invita Maria, ma anche ciascuno di noi, a gioire, ad essere felice.
Dio si fa vicino al nostro anelito più forte: essere eternamente felici; e questa felicità ci viene da Lui promessa; non è più un’utopia, una meta irraggiungibile, ma ci viene annunciata dal Signore.
Dunque, quando noi preghiamo, il primo invito che Dio ci rivolge è quello di gioire. Questa gioia nasce dal fatto che Dio, nell’annuncio dell’Angelo Gabriele, si fa vicino alla nostra povera umanità.
Maria gioisce nell’Annunciazione anche se non comprende appieno il progetto che Dio ha su di lei e su tutta l’umanità e questa gioia esploderà dapprima nel Magnificat e poi nell’incontro con il suo Figlio Risorto.
Maria è una profezia di felicità e di speranza per la nostra vita che scende sulle nostre sofferenze, sui nostri mali, sulle nostre fragilità e sulle nostre solitudini.
Gioiamo allora, perché il Signore è vicino, anche se in questo tempo di pandemia lo vediamo lontano, Lui c’è e ci viene ad annunciare ancora una volta la sua Salvezza. Egli è il nostro unico Salvatore e anche in questo tempo ci vuole salvare.
novizio Marco – Casa Maris Stella – Loreto (AN)