Ho letto, in questi giorni, un articolo di Massimo Recalcati sul tema dell’eredità. Egli afferma che c’è un assottigliarsi dell’eredità materiale: la crisi economica ha eroso un po’ questa possibilità.

Ci rendiamo conto, però, che non ci sono solo buoni, polizze, contratti, ecc. ma ci sono delle scritture che sono state fatte su di noi. Le pieghe del sorriso, il nostro modo di esprimerci, i gesti quotidiani sono stati scritti dai nostri famigliari, amici e conoscenti. Siamo stati segnati da molti fatti, ma questo non è avvenuto passivamente: c’è un modo personale di interiorizzare e trasformare.

Ereditare non è qualcosa che avviene passiva-mente; richiede la nostra partecipazione e disponibilità, è una sorta di riconquista. Come abbiamo fatto tesoro delle testimonianze di coloro che ci hanno preceduto?

Può succedere che ci rendiamo conto dell’eredità che abbiamo ricevuto, quando siamo diventati orfani; riconoscere e accogliere non sono gesti scontati, attendono la nostra responsabilità, la nostra scelta, come è avvenuto per quelli che ci hanno preceduto. Mi sembra, allora, che tutto questo diventi una forza propulsiva: quello che ho ereditato diventa anche il mio desiderio, il mio sogno, la capacità di progettare il futuro con le risorse che ho ricevuto.

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