La prima lettura e il Vangelo di questa domenica hanno in comune il tema dell’ospitalità, o meglio, dell’accoglienza. Non solo, come fanno la coppia di Sposi con Eliseo, dare una stanza, un letto per riposare, una doccia per lavarsi, un vestito per coprirsi, un buon piatto da mangiare, ma farlo perché si ama. A volte, soprattutto con chi conosciamo, anche se abbiamo risentimenti o rancori nei loro confronti, dovremmo avere la stessa umiltà e grandezza di questa sposa che dice al marito: “Costui è un uomo di Dio, un santo, si fermi da noi”. Cioè entri nella mia vita, faccia parte della mia vita.
Proprio il Vangelo ce lo dice: accogliere. Il passo che abbiamo ascoltato costituisce la conclusione del grande discorso missionario di Matteo. Queste ultime parole di Gesù non sono più rivolte ai missionari, ma a coloro che li accolgono: “Chi accoglie voi, accoglie me”, molto di più “accoglie il Padre”. Accogliere Gesù prima di tutto, e questo è possibile solo se ci mettiamo in atteggiamento di “Ascolto” della sua Parola, trasmessa dai Profeti, da chi ce l’annuncia, da chi ce la testimonia. Accogliere Gesù come Marta, Maria e Lazzaro nella loro casa di Betania, come Zaccheo.
Il mio modo puro di accogliere Gesù si manifesta nel mio modo puro di accogliere, ospitare, aiutare, offrire un servizio a chi è nel bisogno: “Chi avrà dato da bere anche solo un bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli”.
Questo tema dell’accoglienza lo troviamo almeno altre due volte nel Vangelo di Matteo. La prima volta quando i Discepoli chiedono a Gesù: “Chi è più grande nel regno dei cieli”? Allora Gesù chiama a sé un Bambino e dice: “Chi accoglierà un solo Bambino come questo nel mio nome, accoglie me”. Il Bambino è il simbolo di colui che non conta, del povero e dell’emarginato.
E la seconda volta, con un’insistenza tutta particolare, nella grande parabola del giudizio finale: stare a destra o a sinistra, dalla parte delle pecore o delle capre, dei beati o dei dannati, dipende dall’aver saputo riconoscere Gesù nei Fratelli più piccoli e bisognosi. Nel racconto del giudizio universale vengono elencate sei opere di misericordia corporale. Non sono solo cose da fare o aiuti da dare, ma sono comportamenti, modi di vivere l’accoglienza, la solidarietà, la stima, la preoccupazione. A proposito degli Ammalati non si dice di guarirli, ma di andarli a trovare, di visitarli, portare una parola di incoraggiamento, di speranza, un sorriso. E a proposito degli stranieri si dice di ospitarli.
Com’è possibile vivere questo? Restando attaccati a Gesù. Gesù sempre al primo posto: prendere la mia Croce ogni giorno e andare dietro a Lui. La via della Croce, la Via Crucis, come la Sua, è la via del dono di me stesso per Lui e per i miei Fratelli e Sorelle, rinunciando a fare della mia persona il centro attorno a cui tutto deve ruotare. Dice Gesù: “Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà”. Stiamo tranquilli: non si tratta di perdere la vita materiale per scegliere quella spirituale, né di perdere la vita in questo mondo, per trovarla nell’altro. Vivere gli impegni del Battesimo, come ci invita San Paolo, che ricorda la Morte e Risurrezione di Gesù, ci dà la possibilità di condurre una vita buona in questo mondo, che è tanto forte da vincere anche la morte. E la morte si vince solo con l’Amore. E “cantando per sempre l’amore del Signore”, come abbiamo pregato nel Salmo Responsoriale, anche noi possiamo camminare in una vita nuova e proclamare le sue opere nella nostra vita, “che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa”.
28 GIUGNO 2020 – XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – anno A
La prima lettura e il Vangelo di questa domenica hanno in comune il tema dell’ospitalità, o meglio, dell’accoglienza. Non solo, come fanno la coppia di Sposi con Eliseo, dare una stanza, un letto per riposare, una doccia per lavarsi, un vestito per coprirsi, un buon piatto da mangiare, ma farlo perché si ama. A volte, soprattutto con chi conosciamo, anche se abbiamo risentimenti o rancori nei loro confronti, dovremmo avere la stessa umiltà e grandezza di questa sposa che dice al marito: “Costui è un uomo di Dio, un santo, si fermi da noi”. Cioè entri nella mia vita, faccia parte della mia vita.
Proprio il Vangelo ce lo dice: accogliere. Il passo che abbiamo ascoltato costituisce la conclusione del grande discorso missionario di Matteo. Queste ultime parole di Gesù non sono più rivolte ai missionari, ma a coloro che li accolgono: “Chi accoglie voi, accoglie me”, molto di più “accoglie il Padre”. Accogliere Gesù prima di tutto, e questo è possibile solo se ci mettiamo in atteggiamento di “Ascolto” della sua Parola, trasmessa dai Profeti, da chi ce l’annuncia, da chi ce la testimonia. Accogliere Gesù come Marta, Maria e Lazzaro nella loro casa di Betania, come Zaccheo.
Il mio modo puro di accogliere Gesù si manifesta nel mio modo puro di accogliere, ospitare, aiutare, offrire un servizio a chi è nel bisogno: “Chi avrà dato da bere anche solo un bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli”.
Questo tema dell’accoglienza lo troviamo almeno altre due volte nel Vangelo di Matteo. La prima volta quando i Discepoli chiedono a Gesù: “Chi è più grande nel regno dei cieli”? Allora Gesù chiama a sé un Bambino e dice: “Chi accoglierà un solo Bambino come questo nel mio nome, accoglie me”. Il Bambino è il simbolo di colui che non conta, del povero e dell’emarginato.
E la seconda volta, con un’insistenza tutta particolare, nella grande parabola del giudizio finale: stare a destra o a sinistra, dalla parte delle pecore o delle capre, dei beati o dei dannati, dipende dall’aver saputo riconoscere Gesù nei Fratelli più piccoli e bisognosi. Nel racconto del giudizio universale vengono elencate sei opere di misericordia corporale. Non sono solo cose da fare o aiuti da dare, ma sono comportamenti, modi di vivere l’accoglienza, la solidarietà, la stima, la preoccupazione. A proposito degli Ammalati non si dice di guarirli, ma di andarli a trovare, di visitarli, portare una parola di incoraggiamento, di speranza, un sorriso. E a proposito degli stranieri si dice di ospitarli.
Com’è possibile vivere questo? Restando attaccati a Gesù. Gesù sempre al primo posto: prendere la mia Croce ogni giorno e andare dietro a Lui. La via della Croce, la Via Crucis, come la Sua, è la via del dono di me stesso per Lui e per i miei Fratelli e Sorelle, rinunciando a fare della mia persona il centro attorno a cui tutto deve ruotare. Dice Gesù: “Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà”. Stiamo tranquilli: non si tratta di perdere la vita materiale per scegliere quella spirituale, né di perdere la vita in questo mondo, per trovarla nell’altro. Vivere gli impegni del Battesimo, come ci invita San Paolo, che ricorda la Morte e Risurrezione di Gesù, ci dà la possibilità di condurre una vita buona in questo mondo, che è tanto forte da vincere anche la morte. E la morte si vince solo con l’Amore. E “cantando per sempre l’amore del Signore”, come abbiamo pregato nel Salmo Responsoriale, anche noi possiamo camminare in una vita nuova e proclamare le sue opere nella nostra vita, “che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa”.